Buongiorno,
oggi ho intervistato per voi Silvia Rossi.
Ciao Silvia, parlaci
un po’ di te e della tua vita quotidiana.
Ciao sono
un’insegnante di scuola primaria e attualmente insegno in classe 4 e 5. Mi
piace molto il contatto con i bambini e il mio lavoro. Un po’ meno gli oneri
che la scuola comporta da un po’ di tempo a questa parte, che tolgono spazio al
lavoro coi bambini. Sono sposata da 10 anni, ma purtroppo non ho figli. Adoro
leggere, viaggiare e naturalmente scrivere. Mi piace cucinare, avere amici a
cena e la compagnia. Sono solare, ma anche parecchio malinconica. Per farmi
felice basta portami al mare. L’ho sempre considerato il mio elemento e, per
me, non c’è momento migliore che passeggiare in riva al mare al tramonto o
all’alba.
Quanto c’è di te in
ciò che scrivi?
Moltissimo. E forse
questo è un difetto ma faccio molta fatica ad estraniarmi da ciò che sono,
perché ciò che scrivo deve essere sentito fino in fondo.
Cosa rappresenta per
te “Il respiro del cuore”?
“Il respiro del
cuore” è come un figlio. Qualcosa che ho letteralmente partorito da un bisogno
di buttare fuori sensazioni e pensieri che avevo dentro da sempre che ho
condito poi con una buona dose di fantasia e di sogno. Il respiro è ciò che
sono in molte sfumature e pensieri. È stata una sfida con me stessa, un sogno
che, incredibilmente, ha spiccato il volo. Un progetto che non avrei mai
creduto di portare a termine ma che mi ha resa orgogliosa di me stessa, se non
altro, per l’impegno e il cuore che ci ho messo.
Quale è stata la tua
paura più grande al momento della pubblicazione?
In primis quella di
non essere letta da nessuno. Temevo che il libro passasse inosservato, perso
tra i tanti. Successivamente quella di non emozionare, di non piacere e che i
miei personaggi non fossero amati dai lettori. Temevo che venissero criticati e
non capiti. Ma, soprattutto ho temuto che i lettori non capissero me e quello
che avevo da dire.
Sei una scrittrice
istintiva o ti lasci trasportare dall’ispirazione?
Sono un po’ entrambe
le cose, ma se dovessi scegliere direi l’istinto. Io non mi ritengo una
scrittrice. Ho tantissima strada da fare. Sono una semplicissima persona che
butta fuori quello che ha dentro, che scrive come terapia e cura dell’anima.
Non posso dire di scrivere per me stessa, perché nessuno lo fa. Si scrive per
essere letti. Ma scrivere serve innanzitutto a me. Per vivere vite diverse, per
colorare l’esistenza, per riflettere, per guardarmi dentro. Poi sicuramente per
scrivere un romanzo serve anche l’ispirazione.
Qual è la cosa che
pensi al termine della stesura di un tuo romanzo?
Ne ho scritto solo
uno e ho pensato «Per la miseria, ce l’ho fatta. L’ho scritto io». Poi, dopo
l’incoscienza e l’euforia sono cominciate tutte le paure citate sopra. Di non
essere letta, di non piacere, ecc.
La citazione del tuo
romanzo a cui sei più legata.
“L’amore può
renderci folli, paurosi, coraggiosi, euforici, tristi. L’amore può essere tutto
e può portarti al nulla più assoluto. Ma qualunque sensazione o emozione ci
facesse provare l’amore ci rendeva vivi. Finché sei vivo esisti. E io avevo
dannatamente bisogno di sentire che esistevo”
La critica più bella
e la critica più brutta che hai ricevuto.
Ho ricevuto molte
critiche positive, inaspettatamente. E ringrazio ogni persona che in me ha
visto “l’anima”. Ma quella che non dimenticherò mai e che mi ha commosso è
stata questa affermazione: «sappi che da oggi sei il mio libro». Credo che, se
anche un solo lettore arriva a dirti questo, vuol dire che non hai fallito del
tutto. Che sei riuscito a toccare corde tanto profonde da rimanere nel cuore. E
questo mi ha ripagato di tante fatiche. Di contro mi è stato detto da qualcuno
che il libro è noioso, troppo introspettivo e che si dilunga troppo in parti
inutili. E questo, inutile dirlo, mi ha ferito e mi ha fatto riflettere su
errori da evitare in futuro. Anche se so che non si potrà mai piacere a tutti.
C’è un autore a cui
fai riferimento come stile, tematiche, ambientazioni?
Io adoro Simona
Sparaco, Sara Rattaro, Valentina D’Urbano. Ma leggo e mi piace molto anche
Sparks o la Phillips. Così come non disdico un buon classico. Dipende
dall’umore e da ciò che sento di avere bisogno in quel momento.
C’è un genere a cui
vorresti approcciarti?
Vorrei riuscire a
scrivere un giorno una buona narrativa. Quella che scrivono le autrici
menzionate sopra. Ma so che la strada è lunga e difficile. E magari cimentarmi
in un bel thriller chissà…
Un argomento che non
tratteresti mai?
Ci sono molti
argomenti che non mi sento in grado di affrontare. Ma per una ignoranza o
mancanza mia. Non sono attratta dalla fantascienza e dalla finanza per cui non
mi interesso. Ma ci sono anche generi che non mi appartengono moltissimo e che
non mi sento di scrivere come gli erotici o gli M/M.
La mia classica domanda: se dovessi scegliere
tra self e CE, quale sarebbe la tua scelta e perché?
Da self mi sono trovata bene. Ho gestito i
costi del libro, la copertina e la trama. E questo conta molto. Avere ampia
libertà sul tuo libro, che è una parte di te, credo sia molto soddisfacente.
D’altra parte una CE garantisce una visibilità e una conoscenza che, spesso,
per una persona come me, in self è dura da raggiungere. Credo che valuterei una
CE sicuramente, ma non dovrebbe snaturare troppo il mio libro e dovrebbe
garantirmi una certa serietà in termini contrattuali. Altrimenti va bene anche
self.
Che tipo di lettrice
sei?
A volte compulsiva
(posso leggere anche un libro in uno/due giorni e ripartire con un altro) a
volte “meditativa” (e questo accade spesso dopo una lettura che mi ha sconvolto
interiormente). In quel caso resto come in impasse a lasciarmi sviscerare da
ciò che quel libro mi ha trasmesso ed evito altre letture. In altri casi posso
restare anche giorni senza leggere, soprattutto nei periodi di lavoro intenso,
perché odio staccare continuamente la lettura di un libro. Devo avere tempo per
leggere, questo sì. Altrimenti evito perché non me lo gusto.
L’ultimo libro letto
e perché lo consiglieresti ai lettori del blog.
L’ultimo che ho
letto è Consolation di Corinne Michaels. Ma quello che consiglierei alle
lettrici del blog, semmai non lo avessero letto, è il penultimo che è IL GIORNO
CHE ASPETTIAMO di Jill Santopolo. Una storia davvero bella, che mi ha coinvolto
ed emozionato, quegli amori del passato che condizionano la vita presente e che
restano nelle pieghe del cuore. Un po’
come uno dei miei preferiti: EQUAZIONE DI UN AMORE della Sparaco.
Secondo te, cosa non
può mancare in libro per essere definito “una buona lettura”?
Sicuramente quello a
cui accennavo prima: deve sconvolgermi dentro. Scatenare emozioni forti di
qualsiasi genere. Farmi riflettere, darmi spunti o farmi sognare. In qualsiasi
caso deve lasciare un segno. E quindi una buona trama originale, un po’ di
introspezione e riflessione e una buona scrittura.
Sicuramente avrai tanti sogni nel cassetto da
realizzare, hai già qualche progetto futuro di cui vorresti parlarci?
Sì sto scrivendo
qualcos’altro. Non so se e quando verrà al mondo. Mi prendo il tempo che mi
serve per crescere e migliorare se possibile. Magari scriverò qualcosa di
migliore o magari non piacerà. Ma ciò che voglio fare sicuramente è imparare e
non smettere di metterci il cuore. Perché come dice GK Chesterton “C’è una
strada dall’occhio al cuore che non passa per l’intelletto”. Si può imparare a
scrivere bene con tecnica e mestiere, con la mente e la ragione, ma dove
bisogna arrivare davvero è al cuore, che è il posto più vero e genuino del
nostro esistere.
Fai un saluto al
blog L’angolo Books di Berta😄
Se siete arrivati
alla fine di questa intervista significa che avete speso un po’ del vostro
tempo per me, per conoscermi. E di questo non posso fare altro che
ringraziarvi. Dal canto mio vi auguro di non smettere mai di credere in voi
stessi. Di sperare in qualcosa di bello. Nella vita c’è tanta bellezza. Spesso
abbiamo perso solo la capacità di vederla. Cercatela in ogni gesto, in ogni
singola cosa attorno a voi e permettetevi di accoglierla e farla risplendere nella
vostra vita. Un caloroso saluto e un abbraccio virtuale.
Buone letture,
Berta
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