Vi presentiamo "L'infedele", il romanzo di Mèlodie Morel in uscita il 31 luglio.
Sinossi:
Cosa spinge un uomo a indossare una maschera? La voglia di sesso? L'ossessione? Ci sono verità in grado di far crollare le convinzioni. Marcel e Andrè: due uomini, due realtà, un'unica donna.
Un estratto per voi:
"Parcheggio l’auto e spengo il motore. Sento lo stomaco stretto in una morsa e il cuore battermi come se dovessi sentirmi male da un momento all’altro. Prima di scendere dall’abitacolo, mi controllo nello specchietto retrovisore. Ho fumato e poi masticato un chewing gum per togliere l’odore di nicotina dall’alito, ma il rossetto non si è sbavato. La piega dei capelli è perfetta, anche se ho lasciato il finestrino aperto lungo il tragitto a causa del caldo soffocante di giugno.
Rimango ancora un po’ seduta, guardandomi intorno con circospezione. Non c’è nessuno per strada, nonostante siano solo le dieci di sera. Alla fine mi decido, prendo un lungo respiro, tiro indietro il sedile dell’auto per farmi spazio e lentamente sfilo il perizoma da sotto il vestitino aderente, poi mi sbrigo a nasconderlo nella borsetta. Provo paura, mista a un senso di avventura, trasgressione ed eccitazione. Lui mi ha chiesto di farlo e io ho ubbidito, perché mi piace questo suo lato perverso. Ogni volta che attraverso l’androne del palazzo di Marcel, guardo terrorizzata chiunque incontro. Anche l’inquilino di turno che va a gettare l’immondizia mi convinco che riesca a leggermi sul viso l’adulterio che, ormai da un anno, mi rende la vita un piacevole inferno. Mi sento come una bambina che non riesce a scendere dall’altalena e da questa viene portata in cielo, per poi essere sbattuta miseramente a terra, neanche fosse l’ultimo degli stracci vecchi.
Forse me lo merito, mi dico, eppure non posso e non voglio tirarmi indietro.
Mentre salgo le scale per arrivare all’appartamento di Marcel, tiro fuori le mutandine dalla borsetta e le stringo nel pugno. Suono il campanello e in un baleno la porta si spalanca.
Cavolo, quanto è bello!
La prima cosa che cerco è il suo sguardo, così profondo, grazie alla forma degli occhi che ricorda quella di Richard Gere.
Il sorriso poi… non ne esiste uno più attraente, ipnotizzante, e il guaio è che lui lo sa!
Indossa una t-shirt aderente dalla fantasia mimetica, i muscoli del petto si mostrano in tutta la loro forma. Lo stesso vale per le gambe, ben tornite e dritte che lasciano scoperta, dai bermuda, la pelle scura.
Anche io me la cavo bene. Stretta in un vestitino aderente, la mia quinta di seno garantisce il successo di qualsiasi cosa indosso. Ne ho l’ennesima conferma da come mi guarda mentre gli sventolo davanti al viso il perizoma nero di pizzo e paillettes, in un modo così provocatorio che sembro nata per farlo. Marcel si fa da parte per farmi entrare ed è il momento in cui godo di più. Non è mio, ma puntualmente mi intrufolo nella sua vita, lui d’altronde me lo permette e questo mi fa sentire importante. Cerco disperatamente di convincermene.
Questa è la casa che il “mio” uomo divide con la fidanzata. Cèline – ne conosco solo il nome e ho visto giusto qualche foto – lavora per Air France come hostess, così ogni tanto Marcel ha via libera.
Come al solito lui ha preparato tutto: le luci soffuse, la musica in sottofondo e sul tavolino c’è il vassoio con i bicchieri e la birra fresca, l’unica bibita alcolica che bevo.
Mi guardo intorno, scruto ogni angolo remoto, immaginando i loro momenti insieme, la quotidianità che non condividerò mai con il mio amore. Per quanto tempo ancora dovrò saziarmi con le briciole di pane che Marcel mi offre durante i nostri sporadici incontri?
Nell’arredamento è evidente il tocco femminile di Cèline e la cura maniacale con cui ha posizionato i fiori sul tavolo, per non parlare delle cornici appese alle pareti che ritraggono loro due insieme. È inevitabile, la gelosia affiora prepotente e mi blocca il respiro. Marcel se ne accorge, mi capisce meglio di chiunque altro e usa questa dote per manipolarmi psicologicamente.
Mi attira a sé e mi prende la mano per farmi toccare il frutto della sua dirompente eccitazione.
«Toccami. Lo senti? Mi è bastato vederti con le mutandine tra le mani per sentirlo indurirsi. Sei stupenda, piccola.»
Piccola, mi chiama sempre così e ogni volta mi dibatto tra la rabbia di sentirmi presa in giro e l’illusione che usi il nomignolo solo con me, perché sono unica e speciale ai suoi occhi. Devo disperatamente convincermi anche di questo per non morire di dolore."
Alla prossima
Nessun commento:
Posta un commento